STOCCAFISSO E BACCALA’
Con entrambi i termini si indica il merluzzo che secondo la lavorazione che ha subito prende uno o l’altro nome.
Essiccato al vento del Nord il primo (Stoccafisso); sfilettato e messo sotto sale il secondo, si utilizzano entrambi in ogni regione. La storia commerciale di questo pesce (il merluzzo) “nutrito di ghiaccio e di Bibbia” (così scrisse il giornalista Paolo Monelli a testimonianza che un pescatore norvegese aveva trovato, nello stomaco di un bestione, una copia dell’Antico Testamento) è affascinante. Originari del Mar Artico, i merluzzi tendono a scendere verso le più temperate acque del Sud, seguendo due grandi correnti migratorie, percorse da branchi di milioni e milioni di esemplari: prediligono o l’estremo Nord della Scandinavia, oppure scendono verso il Labrador e i banchi di Terranova. Da secoli i catturatori lo sanno e si attengono a due lavorazioni delle prede, da cui hanno origine lo stoccafisso e il baccalà. Il primo come indica il nome, traducibile in “pesce bastone”, consiste nel decapitare ed eviscerare gli esemplari, esponendoli poi, appese a corde fra i pali, al gelido ma asciutto vento del Nord, che essicca la polpa, addensandola attorno allo scheletro. E’ stato il primo merluzzo da noi conosciuto. Fin verso il 1200, capitale del commercio dello “stockfish” è Bergen, in Norvegia: città che lega ancora il suo nome a qualità pregiate. Ben presto, però, la Scandinavia vede insidiato il suo monopolio da Lubecca e dalle città tedesche della potentissima Lega Anseatica. La svolta decisiva avviene fra il 1497 e l’anno seguente, quando due veneziani al servizio del re inglese, e cioè Giovanni e Sebastiano Caboto, padre e figlio, partiti da Bristol su un piccolo veliero raggiungono la costa americana , sui banchi di Terranova. Qui i merluzzi sono così grossi e riuniti in gruppi tanto numerosi da ostacolare la navigazione. Per catturarli, non occorrono ancora le lenze e gli ami, che useranno, a fine Ottocento, i pescatori di “Capitani coraggiosi” di Kipling: basta un canestro tuffato in acqua. L’Oceano e la temperatura non consentono, tuttavia, la lavorazione “alla norvegese”: bisogna sfilettare gli esemplari e mettere la polpa sotto sale: si arriva in tal modo al baccalà. In pratica, i due termini vengono spesso confusi l’uno con l’altro: il baccalà alla vicentina si prepara con lo stoccafisso, idem per la squisita spuma-purea del “mantecato”. Chi ha risolto la questione sono i lombardi: dicono merluzzo e usano quello che vogliono!
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